
‘’zero ore di sonno” è un titolo diretto, generazionale. Cosa rappresenta davvero per te questa “insonnia emotiva”?
Per me l’insonnia emotiva è uno stato mentale prima ancora che fisico; è quel momento in cui sei stanchissima, ma non riesci a dormire perché la testa corre più veloce del corpo. L’insonnia emotiva è fatta di domande senza risposta, di sogni troppo grandi per lasciarti tranquilla, di bisogno di sentirsi capiti, di trovare un senso. Con questo titolo volevo raccontare quella sensazione tipica della mia generazione, ovvero il non riuscire mai a staccare, nemmeno quando fuori è buio.
Nel brano “eco // non esiste solo l’ansia” tracci un confine tra paure e possibilità. Cos’è per te, oggi, la forza che rompe il silenzio?
La forza che rompe il silenzio, per me, è l’onestà. Quando smetti di fingere che va tutto bene e inizi a dire come ti senti davvero, anche se è scomodo, anche se tremi un po’. Ho scritto “eco // non esiste solo l’ansia” per ricordare a me stessa che sono più delle mie paure. Io non sono solo la mia ansia, sono molto di più.
In ogni traccia sembra esserci una “versione” diversa di te: quanto ti è servito questo EP per conoscerti meglio?
Davvero tanto. Ogni brano è come uno specchio in cui ho visto riflessa una parte di me: quella fragile, quella arrabbiata, quella innamorata, quella delusa… Scrivere questo EP mi ha aiutata a mettere ordine nel disordine, a capire che tutte quelle versioni di me vanno bene.
“Angeli caduti”, “brivido”, “stare al passo”… il tuo linguaggio è visivo, quasi cinematografico. Da cosa trai ispirazione quando scrivi?
Spesso da immagini molto semplici, quotidiane. Magari un dettaglio che mi resta impresso, una sensazione legata a un posto o a una persona. E poi ci sono le emozioni che mi esplodono dentro e in qualche modo devo buttarle fuori. Allora mi metto a scrivere e in modo totalmente spontaneo mi ritrovo a descrivere cose che forse non riuscirei a spiegare nemmeno a un’amica.
Il teen pop spesso viene sottovalutato, ma tu lo usi con profondità. È più una scelta istintiva o consapevole?
Il mio tragitto sonoro è completamente istintivo, perché è il modo in cui mi viene naturale esprimermi. Il teen pop può contenere una complessità emotiva enorme, non è solo leggerezza. Io voglio usarlo per raccontare quello che sento senza filtri, ma senza essere mai banale o semplificare i concetti.
Cosa significa, per te, essere una “rappresentante generazionale” senza tradire la propria autenticità?
Io credo che l’unico modo per essere autentici sia raccontare la propria verità. Io non cerco di rappresentare nessuno, ma se poi qualcuno si ritrova in quello che scrivo, è perché probabilmente stiamo vivendo emozioni simili anche senza conoscerci. Se la mia voce può diventare anche la voce di altri, per me è un onore e sono grata di poter continuare a farlo.
Dopo questo primo EP, cosa sogna Sedici quando chiude gli occhi – se mai li chiude davvero?
Sogna di salire su tanti palchi, sempre più grandi, di continuare a raccontare storie. sogna che le sue canzoni arrivino dove le parole normali non bastano. E sì, magari sogna anche di dormire un po’ di più, ma finché c’è qualcosa da dire, va bene così.
Intervista a cura di Eva Berretta!