
Possiamo dire che la tua musica, nell’immaginario identifichi come country, sia comunque anche molto vicina alla tradizione del cantautorato italiano? La senti vicino?
Guarda, assolutamente, alla fine credo siano due cose molto parallele, nel senso che quello che è definibile country in America è un po’ il loro cantautorato, la loro musica folk, che poi in Italia per forza trova radici in tutto quello che può essere il nostro cantautorato, ecco.
A chi pensi arrivi direttamente la tua musica? Con quale dei tuoi fan percepisci che la tua musica e i tuoi messaggi siano percepiti in maniera più intensa? A chi invece vorresti arrivare a parlare e magari attualmente senti ancora di non riuscire a comunicare?
Allora, sai, credo che la musica sia talmente tanto soggettiva che vada da persona a persona, da sensibilità a sensibilità. Ho la fortuna secondo me di avere un pubblico comunque fatto di persone che utilizzano la musica tra virgolette un po’ come una cura e quindi sai, ti vai comunque sempre a interfacciare con persone che ne hanno quasi la necessità e per cui comunque stai facendo qualcosa di importante anche se tu non lo percepisci magari così nettamente.Diciamo che se dovessi scegliere un’altra tipologia di persone a cui voglio arrivare sicuramente sono tutti quelli che appunto magari hanno ascoltato il country americano o tutto quello che può essere quella wave e hanno detto
“cavolo, peccato che in Italia non c’è qualcosa del genere”
Cosa può ancora dirci Jack Out sull’amore? Cosa senti che invece l’amore possa ancora dare a Jack Out? Cosa senti di non aver ancora vissuto emotivamente?
Beh, è una domanda molto complicata. Credo che ogni persona abbia il suo vissuto con cui poi riesci più o meno a ritrovare poi il significato della parola amore. Sicuramente avendo vissuto molto più le fasi iniziali della vita, quindi adolescenza e comunque gioventù, ho sicuramente vissuto quegli amori un po’ più di pancia, un po’ più l’amore delle pazzie, magari meno quello della serenità se vogliamo dividere questi due fili.
La musica può essere forma di sfogo sociale in un periodo storico dove le tensioni dei più giovani e tra i due sessi sono sempre più creanti conflitto? La musica e gli artisti possono essere in grado di aiutare senza doversi sostituire i genitori, che non ha sicuramente senso, ma proponendo messaggi positivi di come l’amore è e sarà sempre qualcosa di esclusivamente positivo, da non confondere con possessione, egoismo e gelosia?
Guarda, ti dico la mia in maniera del tutto sincera. Io credo che ogni epoca, parliamo di epoche musicali, abbia portato con sé i messaggi che necessitavano quelle persone che la stavano vivendo e attraversando. Più siamo andati avanti con gli anni, più l’utilizzo della musica in termini sociali è andato calando. Ora è soltanto intrattenimento o quasi. Io sono assolutamente pro al fatto che comunque la musica debba essere qualcosa che in un modo o nell’altro smuove gli animi, che sia in maniera diciamo, ribelle, che sia in maniera rivoluzionaria, ma che sia anche facendoli magari scoprire appunto che cos’è l’amore piuttosto. Sicuramente sì, ecco, io utilizzerai in questi anni soprattutto la musica come arma per sensibilizzare i giovani, perché più andiamo avanti più ormai è tutto, tra virgolette, visibile attraverso uno schermo, quindi uno a 12 anni può aver visto qualsiasi cosa e vive la vita con una freddezza tale che riesci difficile a pensare che se la godano in qualche frangente, insomma. Quindi sì, userei la musica per sensibilizzare, non per educare, perché è un momento in cui comunque se utilizzassi la musica per educare, diciamo, a mo’ di genitore, le staresti andando comunque a mettere dei paletti. Sono pro a utilizzare la musica come comunque già fanno in tutti quelli che sono i cortei LGBTQ piuttosto che comunque per ogni forma di protesta che abbia alla base il rispetto degli altri. Però credo che proprio una cosa che bisognerebbe insegnare soprattutto attraverso la musica, e che il rap ultimamente un po’ ha portato i giovani sulla via opposta è il rispetto, ecco.
Uscendo da questo discorso, tornando prettamente dal punto di vista musicale, è uno degli obiettivi arrivare a collaborare con grossi artisti country americani o comunque fuori dall’Italia? O in questo momento comunque pensi che il blocco linguistico sia ancora troppo importante?
Io ho avuto la fortuna di andare in tour, di fare qualche fase di tour europeo con LA SAD, e comunque avere a che fare anche con altre realtà, sia spagnole, sia francesi, ma anche americane. In realtà la lingua non è più un blocco, è un limite che ci giustifichiamo noi, secondo me, per non andare poi direttamente a competere su quel mercato. Non ti nascondo che in un ipotetico percorso in cui va tutto come deve andare, quel tour di un mese nel sud degli Stati Uniti me lo faccio.
L’ultima domanda che io poi ti faccio, che è abbastanza generale, è quali sono i prossimi passi del progetto Jackout?
I prossimi passi del progetto del checkout sono innanzitutto l’uscita della seconda parte di Broken Boys che sarà abbastanza imminente, tra circa un mese e mezzo, due massimo. Alla fine sto cercando di portare un genere che comunque è sempre stato visto un po’ come un meme in Italia e che chiunque fino ad ora che ha provato a rifarlo lo ha rifatto proprio traducendo le canzoni degli americani e di cantare con l’accento texano nonostante lui fosse poi italiano.
C’è innanzitutto da fare una lotta, tra virgolette, contro questa credenza nazionale popolare che il country si sia affermato soltanto 40 anni fa. E questo è secondo me il primo passaggio. Nel mentre bisogna sicuramente farlo influenzare da tutto quello che è la wave italiana, perché come dico sempre io, io non faccio country americano, faccio country italiano, nel senso che parlo di quello che è poi la realtà di provincia d’Italia e se vai poi ad analizzare dal punto di vista geografico l’Italia è composta molto più da piccoli paesini definibili country che da grandi città. La gente vive più nel paesello che nella città.
Che poi era lo stesso discorso che dicevamo prima relegato al cantautorato italiano comunque!
Esattamente, quindi andandola poi a far mischiare con quelle che possono essere le influenze appunto linguistiche e strumentali perché comunque, per esempio, ti faccio un parallelismo, non un paragone. Uno come De André è andato a fare una ricerca anche degli strumenti per costruire un disco che suonasse mediterraneo, quindi è andato a prendere tutti quelli che erano gli strumenti della storia dell’uomo che si affacciava sul Mediterraneo e li è andati a registrare. Anche quello lo reputo country, un certo tipo di ricercatezza che porta in su poi un valore che fa parte del passato, della storia e quindi questo sicuramente è il secondo step. Il terzo step sicuramente sarà il tour estivo con cui andremo comunque a infilarci in più situazioni possibili, a far storciare il naso a più gente possibile. Poi diciamo che i progetti troppo futuri è meglio non farli perché la musica è più imprevedibile che l’altro.
Ringraziamo Jack Out per la sua disponibilità, siamo molto curiosi di ascoltare la sua nuova musica!
A cura di Samuele Meante!