
Otto anni dopo “Lettere”, hai ancora qualcosa da spiegare o questa volta vuoi solo far capire? ●
Di fatto ho necessità di comunicare, al di là che ci sia o no un pubblico. Ciò che mi preme è assecondare la mia urgenza espressiva, a prescindere dal far capire o non far capire ciò che sto raccontando.
Nel disco racconti un mondo marcio, ma sembri dire che si può ancora scegliere. Tu come hai scelto? ●
Ho scelto di essere parte della società, ad esempio, andando a votare anche il meno peggio, pur di non vedere sempre gli stessi a cui non interessa fare politica. Per quanto riguarda la natura, non ho la macchina, anche se posso comprarmela. Uso i mezzi pubblici, nonostante siano organizzati male in tutta Italia. Quindi, sto attento
anche alla differenziata. Se fumo per strada, quando ho finito, spengo il mozzicone e poi lo butto a casa.
Il rap oggi idolatra la strada, tu invece la metti in discussione. Sei diventato un outsider o semplicemente hai capito più cose? ●
In realtà semplicemente sono diventato un adulto. Sono 15 anni che non sto più nel mondo dei reati. Se a 45 anni una persona non trovasse il modo di campare onestamente e non rompere i coglioni alla società, allora la situazione sarebbe complicata.
I featuring nel disco sembrano pezzi di un puzzle preciso. Come hai scelto chi far entrare nella tua visione? ●
I featuring sono tutte persone di cui ho stima, siamo amici. La tipologia di scelta è basata sul fatto che volevo fare canzoni con loro e sono contento che hanno partecipato.
Nel titolo c’è un richiamo alle lettere del Vecchio Testamento. Stai parlando al pubblico o stai scrivendo a te stesso? ●
Sto parlando ad un pubblico e cercando di far riflettere le persone. Il disco non è fatto per ballare o pigliarsela bene, ma è negativo. La negatività a volte è necessaria per fermarsi un attimo e riflettere su come è la vita al giorno d’oggi.
La verità ha sempre fatto parte della tua musica. Ti ha più salvato o più ferito? ●
A volte la musica mi ha salvato, a volte mi ha messo nei guai. In ogni caso, per me la musica è necessaria. Alcuni mi prendono per un interlocutore coerente, proprio perché ho detto la verità e sono stato sincero.
Hai vissuto sulla tua pelle ciò che molti rappersi limitano a raccontare. Cosa diresti oggi a chi vende la strada come un sogno? ●
Direi proprio che è tutto un sogno, ma un giorno ti svegli e la strada ti porta il conto da pagare, che è molto più di quello che hai guadagnato fino a quel momento. E se non fosse così, perché c’è il sovraffollamento delle carceri? Tutti hanno quel sogno e alla fine si svegliano nell’incubo. La realtà è che perdi non tanto il denaro, quanto la tua vita. Nessuno ridà indietro il tempo perso in carcere a fare nulla o a peggiorare il tuo essere umano. Il denaro non è più significativo del tempo. Il denaro lo recuperi, il tempo no.
“Due Lettere Dopo” chiude un cerchio o è solo l’inizio di un nuovo capitolo?
Ora vuoi sapere troppo! Chi vivrà, vedrà.
Intervista a cura di Eva Berretta e Jean Denis Marchiori!