
Ciao Simone! Entriamo subito nel vivo del tuo lavoro, sapresti spiegarci brevemente in cosa consiste?
Il mio lavoro consiste in primis nel fare “lo psicologo”, diciamo scherzosamente, degli artisti per capire la loro attitudine e la loro psicologia, che poi appunto servirà per andare in studio e lavorare alla musica. Io sono un manager, ma preferisco lavorare alla parte creativa; faccio più il “direttore artistico” a livello musicale. Ho un retaggio sia di famiglia, che personale, a livello di gusti musicali molto vario e ampio. Mi piace tanto lavorare in studio, sviluppare progetti e dare linfa musicale nuova, ispirazione e direzione agli artisti. Tutto il resto poi è il contorno: rapportandosi bene con un artista con cui ti trovi anche umanamente, si istaura un rapporto di amicizia e di fiducia che è fondamentale, perché permette di lavorare a 360°, dal brand ai tour, insomma su qualsiasi cosa che esula dalla musica. Diciamo che questo è quello che mi sento io di fare principalmente: lavorare sulla musica, nel vero senso della parola, e con il cantante su vari livelli.
Quanto conta secondo te il rapporto tra manager e artista?
Il rapporto tra me e l’artista deve essere veramente di super sintonia e fiducia. Anche in questo caso, tutto sta nell’attitudine dell’artista e nella capacità del manager di “plasmare” il proprio comportamento in base al comportamento dell’artista. È ovvio che non bisogna essere “sudditi”, bisogna dare i “no” quando servono, per fare sempre il bene dell’artista. Se poi lui si affida e capisce che seguire determinate orme del proprio manager porta a determinati risultati, sicuramente il rapporto si rafforza e va ben oltre il solo rapporto lavorativo.
Io e Mirko (Rkomi) ci definiamo un po’ la stessa faccia della medaglia. Facciamo davvero tutto insieme. Il segreto del suo successo, secondo me, sta anche in questo: la sua elasticità mentale nell’affidarsi a consigli piuttosto che a suggerimenti da parte mia in tutti gli ambiti. Chiaramente lui li fa suoi, li prende e li eleva all’ennesima potenza. È un rapporto oltre che fraterno. Io vedo che per tanti artisti italiani in generale è così, nel senso che cercano sempre di più una figura di riferimento che vada al difuori del mondo della musica e della sfera lavorativa. Il rapporto quindi è fondamentale, più c’è fiducia e rispetto più il lavoro funziona, sia dentro la musica, sia fuori.
Quali credi siano le caratteristiche di un buon manager?
Sto ancora studiando per capire cosa serve per essere un buon manager. Penso non si debba mai smettere di studiare a riguardo. Io ho la fortuna di essere all’interno di una realtà come Thaurus da ormai 10 anni. Sono stato il primo “pargolo” ad essere stato adottato. Ho quattro grandi sfere a cui faccio riferimento. Ciro Buccolieri e Shablo, sono quelli che curano di più la parte manageriale e artistica. Ciro mi insegna tanto riguardo il lato di business musicale, cosa serve per crescere come azienda e come manager nella music industry. Pablo (Shablo) comprende sia la sfera di Ciro, che una parte molto sensibile di musica, di conoscenza di questa e di artisticità, essendo lui in primis un produttore e un musicista. Direi quindi che la parte più artistica mi è stata insegnata e quella psicologica mi è stata trasmessa da Pablo. Poi c’è Mario D’Angelantonio che è il master della parte live, per tutta la sua esperienza che mi ha sempre spiegato dove era meglio consigliare l’artista per fare determinate cose. Giovanni valle cura tutta la parte editoriale, quindi una sezione più burocratica, mi insegna come tutelare l’artista a livello di SIAE e diritti d’autore. Ho la fortuna di avere questi quattro maestri che mi continuano ad insegnare. In ogni caso penso che queste quattro sfere (business, sensibilità artistica, conoscenza dei live e dei diritti d’autore) siano aspetti imprescindibili da cui un manager non può mai staccarsi.
Quanto è importante essere innovativi?
Credo che l’innovazione sia assolutamente fondamentale in ogni campo della musica e non solo. È il fattore che permetta la longevità di un artista ed allo stesso tempo di un manager. Se un manager riesce appunto ad avere orizzonti sempre più ampi e a vedere sempre più in là di dove arrivano gli occhi, permette anche all’artista stesso di elevarsi. Io poi ascolto sempre nuova musica ed ho un retaggio musicale particolare, diciamo che l’innovazione è il mio pane quotidiano!
Che apporto ha la musica nella tua vita, oltre al lavoro?
Mia nonna mi diceva sempre che “la musica è il pane dell’anima” e penso sia proprio vero. La mia famiglia ha sempre vissuto di musica, i miei nonni erano baritoni alla scala e quindi ho sempre avuto l’insegnamento molto importante del valore della musica. Un imprinting forte. Ciò mi ha permesso di avere una passione per essa fin da bambino. Non riesco ad avere momenti in cui sono da solo, magari ho fa fare, e non ho un sottofondo musicale. La musica è l’accompagnamento della mia vita e della mia anima, non riesco a starne senza, anche fuori dall’ambiente lavorativo.
La strada che hai percorso e che ti ha permesso di raggiungere successi importanti è stata lunga. Parlaci di qualche progetto che ha particolarmente segnato la tua carriera o quello a cui ti senti di essere più grato.
Io ormai lavoro da 10 anni in questo ambiente, per quanto comunque ci abbia sempre un po’ sguazzato per via della mia famiglia. Ho iniziato banalmente come “tutto-fare” in uno studio, mentre adesso mi sto realizzando e sono davvero contento perché è iniziato quasi tutto un po’ per gioco. Poi, quando ho capito che volevo fare questo di mestiere, non ho più mollato e la mia determinazione è cresciuta permettendomi di arrivare dove sono adesso. Sono stato sempre al posto giusto nel momento giusto e poi, senza vanità, penso ci sia un pizzico di bravura in quello che faccio.
I progetti che mi hanno dato tanta soddisfazione sono Ernia e Rkomi, senza dubbio.
Mirko era un diamante grezzo che andava solo smussato. La cosa bella è il suo percorso: un’elevazione totale della sua musica, che gli permette di essere davvero un artista unico in Italia; arrivando dal rap più crudo per poi passare al cantautorato sempre più pop, ma rimanendo sempre sé stesso, senza perdere la sua linfa vitale e la sua credibilità. Questa penso sia la soddisfazione più grande per l’artista ed anche per me.
Idem per Ernia, anche lui sta avendo grandi successi, anche a grazie all’apporto di Thaurus e di Ciro. Matteo arrivava dalla Troupe D’Elite ed aveva smesso con la musica, quindi ripartire è sempre più difficile che partire da zero.
Sei soddisfatto del tuo percorso?
Assolutamente sì, sono molto soddisfatto anche perché pur avendo una carriera ormai decennale, sono abbastanza giovane ed ho fatto già tante esperienze. Ora mi trovo in una realtà come Thaurus che ringrazierò per sempre e ringrazio tutt’ora perché mi permette di crescere e di accrescere il mio bagaglio lavorativo. La strada è ancora lunga, ma questo mi fa solo che piacere perché c’è ancora tanto da imparare.
È stata dura raggiungere i tuoi obbiettivi? Hai sempre voluto lavorare in questo ambito?
Per raggiungere i miei obbiettivi, ci ho creduto tanto. Poi, come ho già detto, mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto e con un pizzico di bravura qualità sono riuscito ad arrivare dove sono ora. Sicuramente si tratta di un percorso lungo, dove bisogna fare scelte giuste ed essere anche fortunati ad incontrare collaboratori e artisti giusti che ti permettano di crescere. Sicuramente non è facile. È un mix di cose. Nel momento in cui ho capito che le mie skills potevano essere utili agli artisti, agli studi e alle case discografiche, mi sono reso conto che volevo fare questo nella vita e ho fatto di tutto per far sì che diventasse il mio lavoro.
Quale consiglio daresti a chi come te vorrebbe seguire questa strada?
Il consiglio che posso dare è di crederci tanto, ma anche avere la bravura di scovare talenti e di conoscere tanta musica. Certo, bisogna studiare e capire come funziona e come si evolve il mercato, capire tante dinamiche e conoscere i social network, la comunicazione, avere una cultura musicale ampia e che spazi tra vari generi. Questo lo si può fare acquisendo sempre più esperienza, lo possono fare tutti, ma come in tutte le cose, bisogna metterci impegno e soprattutto avere grande elasticità mentale e tanta pazienza.
Intervista a cura di Sara De Lucia!